L’osteoporosi è una malattia metabolica sistemica dell’osso che determina una fragilità dello scheletro, intesa come un aumento del rischio fratturativo da ridotta resistenza a stress meccanici di bassa energia.
La definizione operativa di osteoporosi si basa sul riscontro di una densità minerale ossea ridotta di almeno il 25% rispetto alla popolazione giovane adulta, alla misurazione con DEXA.
L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha proposto una definizione operativa dell’osteoporosi.
La definizione è basata sul valore di densità minerale ossea (BMD, bone mineral density), misurata con l’assorbimetria a raggi X a doppia energia (DEXA, Dual Energy Xray Absorptiometry).
Osteoporosi oggi: diagnostica e trattamento
Secondo i dati del Ministero della Salute, in Italia vi è un’incidenza annuale di 410.000 fratture da fragilità, che includono oltre 90.000 fratture d’anca.
La diagnosi di osteoporosi si basa:
- sulla raccolta dell’anamnesi
- sull’attento esame clinico, dei radiogrammi della colonna vertebrale
- sulle misurazioni della BMD e sulle indagini di laboratorio.
L’anamnesi dovrebbe essere incentrata sulla ricerca dei fattori di rischio:
- familiarità
- fratture pregresse
- abitudini alimentari
- stili di vita
- uso di farmaci che incidano sul metabolismo osseo
- età di insorgenza della menopausa.
Convenzionalmente, seguendo i criteri dell’OMS vengono identificate quattro categorie di soggetti in base al T-score misurato come segue.
T-score |
da +2,5 a – 1,0 DS | Normale |
da -1,0 a 2,5 DS | Osteopenia |
< -2,5 DS | Osteoporosi |
< -2,5 DS in presenza di almeno una frattura da fragilità | Osteoporosi severa |
Le fratture da osteoporosi sono il risultato di traumi a bassa energia (es. caduta dalla posizione ortostatica), che normalmente non determinerebbero una frattura.
La valutazione della densitometria lombare è spesso inaccurata nei pazienti over 65, pertanto in tali soggetti è da preferire una densitometria femorale.
Terapia
La terapia è sia non farmacologica che farmacologica.
La scelta dipende da vari fattori quali il fine della terapia (prevenzione primaria, secondaria e terziaria) e la valutazione del rischio di frattura.
Tipicamente l’approccio terapeutico, come per altre patologie croniche, procederà attraverso vari step.
Nel paziente a basso rischio di frattura da fragilità, valutato clinicamente e densitometricamente, verrà consigliato un idoneo stile di vita basato essenzialmente su alimentazione appropriata ed attività fisica congrua, con possibile indicazione ad una supplementazione vitaminica D (800 UI/die o equivalenti dosi settimanali o mensili) in caso di provata carenza.
L’obiettivo del trattamento è ripristinare i livelli di calcifediolemia [25(OH)D] nel range ottimale (> 30 ng/ml), meglio intorno ai 50 ng/ ml, in breve tempo. La dose di supplementazione, pertanto, varia in rapporto all’entità dell’insufficienza, all’età, al body mass index, all’esposizione solare ed all’assunzione di vitamina D con la dieta.
Nei pazienti a maggiore rischio fratturativo, una terapia farmacologica antiosteoporotica può essere aggiunta ai consigli.
La supplementazione di vari altri micronutrienti (es. magnesio, K2, vitamina B6, vitamina C), inoltre, sembra utile nel migliorare la funzione muscolare e la massa ossea.
Terapia farmacologica
I farmaci usati per il trattamento dell’osteoporosi possono essere suddivisi in due categorie: antiriassorbitivi ed anabolici.
I bisfosfonati (BP) sono farmaci di prima linea per il trattamento dell’osteoporosi in quanto inibiscono il riassorbimento osseo.
Le evidenze scientifiche sono a favore di alendronato, clodronato, risedronato e acido zoledronico per la loro efficacia nel ridurre l’insorgenza delle fratture sia vertebrali che non.
L’ibandronato ha evidenze solo per la prevenzione delle fratture vertebrali.
Sono disponibili sia con formulazioni da somministrare per via orale (alendronato, risedronato, ibandronato) che iniettiva (zoledronato, ibandronato, clodronato, neridronato).
Considerando che i BP orali hanno uno scarso assorbimento a livello gastro-enterico, devono essere assunti a stomaco vuoto con sola acqua.
Così facendo si facilita il loro assorbimento.
In alternativa debbono essere somministrati per via intramuscolare.
Recentemente la sicurezza a lungo termine dei BP è stata messa in discussione dalla possibile associazione con l’aumento del rischio di fratture femorali atipiche e l’osteonecrosi della mandibola.
Tali eventi avversi appaiono in ogni caso molto rari e tempo-dipendenti.
Non dovrebbero costituire un ostacolo alla prescrizione di questi farmaci estremamente efficaci nella prevenzione delle fratture da fragilità.
A tal proposito riporto una revisione della letteratura che prende in considerazione la relazione tra l’uso dei bifosfonati in donne osteoporotiche e gli impianti dentali:
Conclusioni
L’osteoporosi è una malattia caratterizzata da una diminuzione della resistenza scheletrica che predispone ad un aumentato rischio di frattura, con gravi conseguenze in termini di morbidità del paziente e costi sociali.
Il trattamento dell’osteoporosi necessita di un adeguato inquadramento diagnostico clinico, con la valutazione del rischio fratturativo, eventualmente supportata da algoritmi dedicati, strumentale, per la quantificazione della densità ossea, e laboratoristico, per escludere le forme secondarie.
Il paziente affetto da osteoporosi necessita di un approccio multimodale che includa modifiche degli stili di vita, in particolare esercizio fisico e interventi nutrizionali e/o supplementazione calcio-vitaminica.
Nel caso di pazienti ad alto rischio fratturativo o che abbiano già riportato una frattura osteoporotica maggiore, tali interventi richiedono l’integrazione farmacologica, secondo le indicazioni specifiche della normativa ministeriale (nota 79).