La strada per la dieta – seconda parte

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É possibile dimagrire senza fame e senza perdere massa magra, grazie all’utilizzo dei corpi chetonici.

Questi vengono prodotti dalla degradazione del grasso corporeo, specie quello situato in sede addominale, in condizioni di scarso apporto di carboidrati.

Sono state messe a punto diverse tipologie di diete chetogeniche, di cui quella più apprezzata è la VLCKD che è pratica da seguire e permette anche un’ottimo ripristino delle abitudini alimentari, grazie ai consigli del medico specialista.

Tutti gli alimenti sono costituiti dai macronutrienti: carboidrati, lipidi e proteine.

Ciascuno di questi macronutrienti ha un preciso compito all’interno dell’organismo e tutti e tre sono necessari per produrre energia sotto forma di ATP.

Normalmente il nostro organismo utilizza a scopo energetico carboidrati e grassi.

A differenza dei carboidrati e dei lipidi, le proteine non possono essere immagazzinate e la loro funzione specifica è quella di riparare o formare nuovi tessuti.

Se l’organismo ha bisogno di glucosio, che è necessario per il normale funzionamento del cervello, del sistema nervoso periferico, dei globuli rossi e dei muscoli in attività, in mancanza di carboidrati, le proteine come anche i grassi subiranno un processo definito Gluconeogenesi, cioè verranno trasformati in glucosio.

Il metabolismo dei carboidrati è sotto lo stretto controllo del pancreas tramite due ormoni il cui compito è quello di mantenere costante i livelli di glicemia ematica:

Insulina:

diminuisce la glicemia, permettendo l’ingresso di glucosio nelle cellule

Glucagone:

aumenta la glicemia mediante la gluconeogenesi, ovvero la formazione di glucosio a partire dagli aminoacidi e attraverso la glicogenolisi, la liberazione di glucosio dalle riserve di glicogeno.

Se nella circolazione sanguigna c’è abbondanza di glucosio, questo viene utilizzato come fonte energetica principale.

Se, invece, ci troviamo in condizioni di digiuno o di restrizione calorica (nelle diete ipoglucidiche, ovvero a basso contenuto di carboidrati), la produzione di energia avverrà mediante la degradazione del grasso e la successiva produzione di corpi chetonici.

Si definisce chetogenico un regime dietetico in grado di indurre e mantenere uno stato di chetosi cioè una condizione metabolica in cui vengono utilizzati i corpi chetonici come fonte energetica al posto dei carboidrati.

I corpi chetonici sono tre composti acidi, normalmente presenti nel sangue in quantità trascurabile, denominati:

  • acetone
  • acido acetoacetico
  • acido beta-idrossibutirrico

Nel corso della dieta chetogenica si verifica una situazione simile alla condizione di digiuno in cui, in carenza di glucosio introdotto con l’alimentazione, le cellule epatiche producono i corpi chetonici, i quali vengono utilizzati come fonte alternativa di energia, a partire dai trigliceridi, ovvero dal grasso corporeo.

Va subito detto che in chetosi il senso della fame è fortemente inibito.

La dieta chetogenica è nata intorno al 1920 e deriva dalla pratica del digiuno terapeutico, una forma popolare di trattamento per molti disturbi cronici.

Il Dr. Hugh Conklin, osteopata nel Wisconsin, cominciò ad utilizzare il digiuno per molti giorni come cura per l’epilessia.

Con la sua “dieta dell’acqua” curò centinaia di pazienti epilettici, vantando un tasso di guarigione del 90% nei bambini e del 50% negli adulti.

Ben presto il trattamento venne adottato da molti medici proprio nella cura dell’epilessia infantile resistente alla terapia farmacologica.

Il Dr. Russel Wilder ed il Dr. Peterman della Mayo Clinic, per rendere più accettabile il trattamento, proposero di utilizzare, al posto del digiuno, una dieta ricca di grassi e povera di zuccheri, in grado di portare alla formazione dei corpi chetonici, con risultati sulle crisi epilettiche simili a quelli ottenuti con il digiuno totale.

Fu proprio il Dr. Wilder a coniare la definizione di “dieta chetogenica” per descrivere questo programma alimentare.

Documentò diversi effetti positivi di questa dieta: un aumento della vigilanza, un miglioramento del comportamento e del sonno, oltre al controllo delle crisi convulsive, soprattutto nei bambini.

Lo svantaggio era però rappresentato dalla scarsa appetibilità e dalla difficoltà nel seguire questo rigido regime alimentare tanto che il 20% dei pazienti lo abbandonava nonostante i risultati terapeutici.

Nel 1938 si produsse un nuovo farmaco antiepilettico, la fenitoina, e da quel momento ci si concentrò soprattutto sullo studio di nuovi farmaci.

La dieta venne quindi riservata ai casi gravi non rispondenti alle cure farmacologiche.

Nel 1994 l’utilizzo della dieta chetogenica come trattamento dell’epilessia viene riproposto proprio per curare le epilessie farmacoresistenti.

In seguito all’osservazione che questa dieta aveva come effetto collaterale la diminuzione di grasso corporeo e della glicemia vennero approfonditi gli studi sui meccanismi biochimici alla base della chetosi.

Furono i lavori del Prof. Blackburn dell’Università statunitense di Harvard, negli anni ’70, a dare l’avvio alla diffusione ed applicazione in tutto il mondo del primo protocollo della dieta Protein Sparing Modified Fasting per la cura dell’obesità.

Si trattava di una forma di digiuno modificato in cui si potevano assumere solo alimenti ad alto contenuto proteico (pesce, carne e uova).

Negli anni ’90 nasce un nuovo protocollo detto VLCKD (Very Low Calorie Ketogenic Diet), povero in grassi e in carboidrati, e fu adottato presso l’Ospedale John Hopkins di Baltimora.

Questa dieta venne approvata nel 1993 dal Ministero della Salute Americano.

Nel 1993 infatti la prestigiosa rivista scientifica dei medici americani JAMA certificò il riconoscimento del protocollo dietetico da parte del ministero della salute.

Da quel momento in poi milioni di persone da allora sono state trattate con successo, tanto da convincere alcuni governi a scegliere la Dieta Chetogenica nelle campagne di prevenzione delle patologie metaboliche.

In Francia ed in Finlandia il protocollo della Dieta Chetogenica è stato inserito nei programmi governativi di prevenzione e cura dell’obesità.

L’ADI, Associazione di Dietetica e Nutrizione Clinica, nel 2014 ha proposto la Dieta Chetogenica come terapia per l’obesità, oltre che per una serie di altre patologie su base metabolica.

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Inoltre sono in corso di studio possibili applicazioni in patologie neurodegenerative come sclerosi laterale amiotrofica, morbo di Parkinson, malattia di Alzheimer, in alcuni tipi di tumori e nei danni cerebrali postraumatici.

Negli ultimi anni un gruppo di neurologi italiani sta studiando ed applicando, con effetti molto positivi, la dieta nei pazienti con emicrania.

Secondo recenti studi il beta-idrossibutirrato, il chetone principale, viene considerato un super carburante, molto più efficiente nel produrre energia da ATP rispetto al glucosio e agli acidi grassi.

Per indurre la chetosi con l’alimentazione è necessario adottare un regime a ridotto apporto di carboidrati (ipoglucidico) così da avviare la produzione di corpi chetonici dai trigliceridi del tessuto adiposo ed utilizzarli come fonte di energia principale.

Una dieta con scarso contenuto di carboidrati, o il digiuno, comporta una diminuzione di insulina e un aumento di glucagone in circolo.

Per mantenere la glicemia nei limiti normali inizialmente viene consumato il glicogeno epatico, la nostra riserva di zucchero.

Successivamente comincia il processo di gluconeogenesi a partire dagli aminoacidi e, in seguito, dal glicerolo contenuto nei trigliceridi.

La diminuzione di insulina provoca un aumento della lipolisi nel tessuto adiposo bianco con aumento degli acidi grassi in circolo e della beta-ossidazione.

Durante il digiuno o la dieta chetogenica la glicemia, anche se ridotta, rimane entro livelli fisiologici poiché il glucosio ematico viene comunque assicurato da due fonti:

  1. da aminoacidi nella gluconeogenesi
  2. dal glicerolo liberato tramite lisi dai trigliceridi

I corpi chetonici sono in grado di passare la barriera ematoencefalica che circonda il cervello e di essere utilizzati a scopo energetico al posto del glucosio.

Le cellule cerebrali normalmente dipendono dal metabolismo del glucosio, ma possiedono la flessibilità di passare all’utilizzo dei corpi chetonici come fonte energetica.

In condizioni normali, nel corso di un’alimentazione equilibrata, la chetonemia è molto bassa (<0.3 mmol) se paragonata alla glicemia (circa 4 mmol).

Il sistema nervoso centrale comincia ad utilizzare i corpi chetonici solo quando la loro concentrazione diventa superiore a quella del glucosio nel siero.

Durante il digiuno protratto il 75% del fabbisogno di combustibile del cervello è soddisfatto dai corpi chetonici. Questi ultimi agiscono sui neuroni del nucleo ventromediale dell’ipotalamo sopprimendo lo stimolo della fame.

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Ruolo della chetosi nel controllo del peso corporeo

Se la dieta è a-ipo-glucidica, non essendoci più a disposizione glucosio o glicogeno per produrre energia, l’organismo sarà obbligato a ricavarla dalla degradazione degli acidi grassi presenti nell’alimentazione e dal grasso immagazzinato nel corpo.

Il corpo quindi passerà, per produrre l’energia che gli serve, a bruciare il tessuto adiposo di riserva.

Applicazioni per la dieta chetogenica intesa come terapia nutrizionale

In ambito medico questa dieta presenta numerosi target terapeutici, per ciascuno dei quali esiste un diverso protocollo: anche per questo si parla di “diete chetogeniche”.

In ambito metabolico:

  • viene utilizzata con ottimo riscontro terapeutico nel trattamento di alcune patologie metaboliche rare, come il deficit di GLUT1e alcune forme di glicogenosi (III e V)
  • dimagrimento a scopo terapeutico e prechirurgia bariatrica
  • sindrome metabolica e patologie cronicodegenerative ad essa correlate (diabete mellito di tipo 2, ipercolesterolemia, ipertensione, patologie infiammatorie)
  • insulino-resistenza e patologie ad essa correlate (sindrome dell’ovaio policistico)

Controindicazioni

  • Deficit:
    • carnitina
      • palmitoil transferasi I e II
      • traslocasi
    • della beta ossidazione degli acidi grassi.
  • Porfiria

I diversi modelli di dieta chetogenica

Non esiste un solo tipo di dieta chetogenica, ma sono state elaborate diverse varianti a seconda della condizione clinica da trattare.

Tutti questi diversi modelli dietetici hanno in comune la restrizione di carboidrati tale da promuovere la condizione di chetosi.

  1. dieta chetogenica classica
  2. mad
  3. mct
  4. lgit
  5. vlckd

I diversi protocolli dietetici si diversificano a seconda del rapporto chetogenico, cioè:
lipidi (gr) / proteine (gr) + carboidrati

La dieta chetogenica classica

  • È la dieta descritta nel protocollo iniziato nel 1921 alla Mayo Clinic da Wilder. Successivamente è stato perfezionato negli anni ’90 a Baltimora da John Freeman alla John Hopkins.
  • Si tratta di un regime alimentare molto rigido il cui obiettivo è quello di trattare bambini o adolescenti con epilessia resistente ai farmaci.
  • La composizione della dieta è impostata in base ai fabbisogni nutrizionali del paziente, quindi è normocalorica (a meno che il paziente non sia sovrappeso).
  • Rapporto chetogenico 4:1 (90% Lipidi, 6% Proteine, 4% Carboidrati), realizzato soprattutto con acidi grassi a catena lunga.
  • Questo protocollo dietetico è riservato a pazienti con patologie neurologiche.

Il rapporto chetogenico alto (4:1), quindi con netta predominanza dei grassi come macronutrienti, garantisce un alto livello di chetonemia, utile per ottenere l’effetto terapeutico.

Purtroppo si tratta di una dieta estremamente restrittiva. Richiede di attenersi scrupolosamente alle prescrizioni mediche, sia riguardo la quantità che la qualità degli alimenti da consumare durate la giornata.

La dieta MAD (dieta Atkins modificata)

  • Deriva dagli studi del Dr. Atkins negli anni 60, che propose una forma modificata di dieta chetogenica per perdere peso. Il suo protocollo non si basava sulla restrizione calorica ma esclusivamente sulla drastica riduzione dei carboidrati, senza limiti per l’assunzione giornaliera di grassi e proteine.
  • È stata poi riformulata da Eric Kossof utilizzando come base la fase di induzione della dieta dimagrante di Atkins.

Le caratteristiche della dieta «Atkins modificata» sono:

  • rapporto chetogenico 2:1 o 1:1 (65%Lipidi, 25%Proteine, 10%Carboidrati)
  • è un trattamento ambulatoriale, senza necessità di fare digiuni per induzione della chetosi, non restrittivo per calorie e fluidi
  • la quota di carboidrati è limitata mentre è fortemente incoraggiato il consumo di grassi al fine di elevare e mantenere la chetosi
  • per bambini o adolescenti la quantità giornaliera di carboidrati permessa è di circa 10 grammi. Per gli adulti si può arrivare sino a 20 grammi, quantità che possono essere aumentate leggermente nel corso della dieta
VantaggiSvantaggi
La dieta MAD rispetto al protocollo classico
presenta un simile effetto nel controllo delle crisi epilettiche (efficacia leggermente inferiore) ma è più semplice da seguire nel lungo periodo e più palatabile. Con questo protocollo è inoltre possibile una perdita di peso utile se il paziente è in sovrappeso.
Si può strutturare la dieta con alimenti naturali senza necessità di ricorrere ad integratori o pasti sostitutivi.
La chetonemia è più bassa e meno stabile (per l’effetto della neoglucogenesi indotta dalle proteine).

La dieta con MCT (trigliceridi a catena media C6:0-C12:0)

  • A metà degli anni 70 il Dr. Huttenlocher dell’università di Chicago propose una variante della dieta. Questa prevedeva che i grassi della chetogenica classica, rappresentati prevalentemente da trigliceridi con acidi grassi a catena lunga, venivano in parte sostituiti da trigliceridi con acidi grassi a catena media.
  • Questi acidi grassi possono essere assorbiti con maggior efficienza e utilizzati nelle cellule per produrre energia senza il coinvolgimento di sistemi di trasporto a livello dei mitocondri.
  • La sostituzione di una parte dei trigliceridi a catena lunga (che sono la base della dieta classica) con trigliceridi a catena media (MCT) permette di aumentare la quota di carboidrati. Questo perché gli MCT sono più chetogenici rispetto agli altri. Questo permette una dieta un po’ più varia e più palatabile
  • L’effetto collaterale di questo protocollo è che gli MCT, ottenuti spesso da olio di cocco e altre sorgenti vegetali, quando sono consumati in grandi quantità, in alcuni pazienti possono causare disturbi gastrici come nausea e vomito.

Per ovviare a questo problema sono state proposte formulazioni con un apporto di MCT più basso e meglio tollerato, intorno al 30%, e una fase di induzione della chetosi più lenta.

Ciò permette all’organismo di adattarsi al consumo di questi grassi che solitamente non sono presenti nella dieta in quantità molto elevate.

Gli MCT devono essere uniformemente ripartiti tra i pasti con aumento è graduale (7-10 gg), secondo tolleranza.

La difficoltà maggiore risulta essere il rifornimento con grassi e oli ad elevato contenuto di MCT.

Aroma e gusto degli alimenti preparati con questi ingredienti spesso non sono molto graditi al paziente, tanto che è proprio questo tipo di chetogenica a registrare il maggior numero di abbandoni nel corso della terapia.

La dieta LGIT: dieta a basso indice glicemico

Distribuzione dei macronutrienti:

  • proteine = 30%
  • carboidrati = 10% (40 – 60 g con IG < 50)
  • lipidi = 60%

La dieta a basso indice glicemico (Low Glicemic Index Treatment) è stata sviluppata nel 2002 da Pfeifer e Thiele, come un’alternativa meno restrittiva della chetogenica classica.

Si basa sulla scelta degli alimenti in base al loro indice glicemico.

  • L’indice glicemico (IG) descrive la tendenza di un alimento ad incrementare la glicemia rispetto ad un’eguale quantità di un alimento di riferimento(per es. il glucosio o il pane bianco) a cui viene attribuito il punteggio di 100.
  • L’apporto calorico dovuto ai grassi è del 60%, con un rapporto chetogenico di solito pari o inferiore a 1:1.
  • La quantità giornaliera di carboidrati sale fino a 40-60 grammi.
  • L’apporto proteico, i grassi e i carboidrati consumati vengono modulati sulla esigenze del paziente. Permettono una selezione molto ampia di cibi da consumare, senza l’obbligo di misurare ogni singola porzione.
  • Inoltre una dieta di questo tipo si è dimostrata efficace anche nel trattamento dell’obesità, anche infantile, e del diabete, con riduzione dei livelli ematici di glucosio, insulina e di emoglobina glicata.
  • Questo tipo di dieta comporta una quota glucidica più elevata rispetto a tutti gli altri protocolli (fino a 40-60 grammi di CHO). Non porta ad un aumento nella produzione dei corpi chetonici comparabile a quello degli altri modelli.
  • Il rapporto che ne deriva è circa 0,7:1 con livelli di chetonemia capillare molto bassi.
  • In questo approccio il rapporto chetogenico è molto basso di 0,7:1. Ciò la rende indicata soprattutto nelle patologie metaboliche, in cui si vuole ottenere una perdita di peso e un miglioramento di alcuni parametri ematologici.

La dieta VLCKD

VLCKD: very low calorie ketogenic diet

Al contrario dei protocolli precedenti, i quali garantivano un apporto calorico adeguato alle necessità del paziente,la dieta VLCKD è fortemente ipocalorica (prevede la riduzione dell’apporto calorico al di sotto delle 1000 kcal al giorno: più spesso intorno alle 600/800 kcal/die).

Si tratta di una terapia nutrizionale che trova la sua applicazione nel trattamento dell’obesità, della sindrome metabolica e nella preparazione agli interventi di chirurgia bariatrica.

Caratteristiche:

A. Contenuto calorico molto basso. < 800 Cal/die
B. Sviluppo di una chetosi stabile e controllata tale da inibire la sensazione di fame.
C. Riduzione selettiva della massa grassa assicurando una buona protezione della massa magra.
D. Ridotto apporto complessivo di carboidrati.tra 0,5 e 0,9 gr/kg per innescare e mantenere uno stato di chetosi
E. Ridotto apporto di lipidi.0,2-0,5 gr/kg, quota sufficiente prevenire la colelitiasi
F. Si assume una quantità fisiologica di proteine così come un apporto equilibrato di fibre vegetali, acqua, vitamine, sali minerali e oligoelementi.1,2 ± 0,2 gr/kg
  • La contrazione della quota glucidica alimentare riduce il rapporto insulina/glucagone, vera chiave di volta per indurre e mantenere chetosi e lipolisi, avviene già dopo 48-72 ore.
  • I liquidi non zuccherati (> 2 litri/die) e le verdure cotte e crude favoriscono l’idratazione della massa magra, l’elasticità dei tessuti, la sintesi proteica e contrastano la stipsi, l’iperazotemia, l’iperuricemia e la calcolosi renale; a essi vengono associati dei pasti sostitutivi contenenti proteine di elevato valore biologico. Derivano principalmente dai legumi e dal latte con un apporto standardizzato di nutrienti essenziali.

Il protocollo prevede due fasi:

  • dimagrimento
  • transizione, utile per stabilizzare il risultato ponderale la cui durata dovrà essere almeno pari a quella di dimagrimento e che si articola in 4 tappe nelle quali si aumenta gradualmente sia la quantità sia la qualità degli alimenti glucidici a basso indice e carico glicemico, sino ad arrivare alla fase di mantenimento, caratterizzata da un’alimentazione equilibrata normocalorica di tipo mediterraneo.

Nel prossimo articolo spiegherò nel dettaglio le fasi della VLCKD.